Le mestruazioni: un argomento che va molto di moda ultimamente, grazie alle campagne per la “liberalizzazione” del sangue mestruale portate avanti da molte donne e accolte da diverse aziende produttrici di assorbenti. L’obiettivo è quello di eliminare il tabù che esiste sul ciclo mestruale, perché si ritiene che sia dovuto al maschilismo della nostra società. Perché non dovremmo parlare liberamente e apertamente del nostro sangue mestruale? Evidentemente questo tabù esiste perché è un argomento femminile che gli uomini non apprezzano!
Ma è davvero così? Cerchiamo di capire rapidamente che cos’è il tabù linguistico.
Il tabù linguistico è un fenomeno in base al quale una certa parola della lingua diventa proibita e viene quindi sostituita con altre parole o perifrasi, dette eufemismi. È il procedimento in base al quale diciamo “che cavolo!” per evitare di usare un termine che socialmente è considerato inappropriato.
Questo fenomeno è antichissimo ed esiste in tutte le lingue del mondo, da sempre. Nelle società tribali ed arcaiche il tabù linguistico era molto produttivo, perché si applicava a molti ambiti della vita umana che erano considerati magici o che avevano carattere religioso (per esempio la caccia, l’ambiente domestico, la riproduzione, la morte). Nelle società contemporanee, in cui il magico e il sacro sono meno sentiti, quando non del tutto assenti, il tabù è rimasto principalmente nell’ambito della sfera sessuale e di quella degli scarti corporei. Le mestruazioni appartengono a entrambi gli ambiti.
Infatti, perché preferiamo dire “le mie/tue cose” piuttosto che “le mestruazioni”? Non certo perché siamo intrinsecamente maschilisti o perché pensiamo che il ciclo sia una cosa vergognosa: ma solo perché il sangue mestruale è una fonte di disgusto in quanto scarto del nostro corpo.
Quanti di noi parlano apertamente dei loro movimenti intestinali davanti a un gruppo di persone? Ben pochi, credo! Tendiamo a evitare l’argomento e, se proprio siamo costretti ad affrontarlo, usiamo degli eufemismi: “vado in bagno”, “vado a lavarmi le mani”, “ho mal di pancia”, e così via.
Eppure sappiamo che gli escrementi sono una cosa naturale!
Lo stesso avviene con il ciclo mestruale: preferiamo non parlarne e se dobbiamo farlo usiamo dei giri di parole, spesso molto fantasiosi e che possono variare da persona a persona. Il termine che usavamo io e le mie amiche in adolescenza era Gigi: “è arrivato Gigi”, “ho Gigi” e così via.
C’è qualcosa di sbagliato nel considerare il sangue mestruale uno scarto? Certamente no. Lo è, a tutti gli effetti, e in quanto tale ci disgusta, per via dell’odore, della consistenza, per via del fatto che fuoriesce dai genitali. Se i genitali fossero maschili invece che femminili, sarebbe identico.
È per questo motivo che nelle pubblicità di assorbenti vengono usati liquidi colorati anziché liquidi che ricordino il sangue mestruale: non perché si considerino disdicevoli le mestruazioni, ma perché a nessuno va, durante il pranzo, di pensare al sangue mestruale. Per lo stesso motivo, nelle pubblicità di pannolini non ci fanno vedere roba color marrone!
Oltre a questo, va anche detto che le mestruazioni rappresentano la maturità sessuale, la fertilità, la possibilità di procreare. Tutti questi ambiti sono quasi universalmente tabuizzati nelle società umane, in vari modi. Questo non riguarda solo la sessualità femminile, ma anche quella maschile. Così come il pudore che interviene all’arrivo della pubertà non tocca solo le femmine, ma anche i maschi: pensiamo alle prime erezioni o alle polluzioni notturne, che sono causa di forte imbarazzo e certo non sono ordinario argomento di conversazione!
Anche in questo caso, quindi, nessun sessismo: solo il naturale funzionamento della nostra società, che in qualche modo si autoregola, senza che necessariamente queste “regole” siano indice di bigottismo o di chiusura mentale.