Giacomo Leopardi era gay?

Recentemente è uscito un libro in cui si sostiene che Leopardi fosse gay. La questione non è nuova, si possono trovare facilmente anche online articoli (non scientifici!) che propagandano l’omosessualità di Leopardi. Eppure questo libro viene descritto come volume rivoluzionario che finalmente dà dignità alla vera natura del poeta di Recanati.

Sapete quanto io ami Leopardi, quindi non ho potuto fare a meno di acquistare il libro; come non posso fare a meno di rettificare qui le inesattezze che vi ho trovato.

Leopardi era gay? È vero? Ci sono prove sufficienti per dirlo? Vediamo quali sono le argomentazioni e perché non possono essere considerate valide.

Partiamo col dire qualcosina sull’autore del libro: si tratta di un poeta, quindi un conoscitore della letteratura (anche se non esperto specificamente di letteratura italiana, né di Leopardi); però si tratta anche di un esperto di studi di genere. Evito di dilungarmi su quale sia la mia opinione circa gli studi di genere applicati alla letteratura; evidenzierò solo il rischio che si corre nel sovrapporre alla lettura e all’analisi di un autore un filtro, in questo caso in parte ideologico e in parte personale (l’autore è omosessuale). Gli studi di genere, infatti, spesso tendono a mancare di obiettività.

Vediamo adesso le fonti a sostegno dell’ipotesi “Leopardi gay”:

1. Le lettere scritte da Leopardi ad Antonio Ranieri

Queste lettere sono l’argomentazione portante di chi sostiene l’omosessualità di Leopardi. Sono infatti lettere che oggi definiremmo d’amore: Giacomo dice a Ranieri di non voler vivere separato da lui, lo identifica come sua unica ragione di vita e lamenta la sua mancanza. Il problema è che Leopardi si esprime in modi molto simili anche nei confronti di altri amici (come ad esempio Pietro Giordani), che gli rispondono negli stessi toni! Quindi, o Leopardi aveva un intero harem di amanti, o dobbiamo renderci conto che all’epoca, tra persone colte e di ceto sociale medio-alto, l’amicizia tra uomini era intesa molto diversamente da come la intendiamo oggi. Insomma, queste lettere, per quanto passionali, non bastano a dirci che Giacomo era gay.

2. Il Sodalizio di Antonio Ranieri, in cui racconta degli anni condivisi con Leopardi

Antonio Ranieri, dopo la morte di Leopardi, scrisse un testo intitolato Sette anni di sodalizio con Giacomo Leopardi, in cui descrive gli anni trascorsi con il poeta. In questo testo si parla dei pettegolezzi nati attorno alla relazione tra i due (una convivenza tra due uomini non era ovviamente vista di buon occhio nel 1800), dai quali Ranieri si difende vivacemente. Si racconta anche che Giacomo aveva la tendenza ad accompagnarsi a ragazzi, che conduceva in camera sua, pretendendo di non essere disturbato, e che usciva la sera in zone poco raccomandabili di Napoli, note per la presenza di ragazzini probabilmente dediti alla prostituzione. Anche in questo caso la fonte non è sufficiente a dire con certezza che Leopardi fosse gay: infatti le parole di Ranieri non sono affidabili, perché sappiamo che ha distorto diversi fatti per la propria convenienza. Sicuramente possiamo pensare che tutte queste voci avessero un fondo di verità, ma non ci bastano per affermare che Giacomo fosse omosessuale; anche perché abbiamo anche prove del fatto che abbia frequentato anche prostitute di sesso femminile (si evince dalle lettere tra lui e Carlo).

3. Qualche fonte dell’epoca, come altre lettere, testimonianze di altri conoscenti di Leopardi.

Si tratta anche in questo caso di pettegolezzi e voci dell’epoca che riferiscono di ragazzini in casa di Leopardi.

Queste fonti, di per sé già povere e poco convincenti, non sono nemmeno fonti nuove! Sono tutte ben note da due secoli, e sono state oggetto di studio. Allora perché nessuno tra i grandi critici che hanno studiato Leopardi ha pensato di dedurne che fosse omosessuale?

La risposta dell’autore del libro è che tra gli studiosi regni quella che viene definita omofobia interiorizzata, cioè un rifiuto inconscio dell’omosessualità, per cui anche i migliori critici non saprebbero vedere oltre il loro naso e si ostinerebbero a pensare che Leopardi fosse etero, contro ogni evidenza.

Questo poteva essere vero nel 1800; ma siamo ormai nel 2020, e nelle università non si hanno più remore a parlare di omosessualità; anzi, gli studi di genere stanno avendo un’impennata (anche in termini di finanziamenti). Forse la vera ragione è che le prove semplicemente non ci sono.

E veniamo quindi al vero problema: perché accanirsi a sostenere l’omosessualità di questo grande poeta? È solo un onesto tentativo di mostrare i fatti da un punto di vista nuovo, o c’è dell’altro?

C’è dell’altro eccome! Infatti nel libro si afferma che tutta l’opera di Leopardi andrebbe riletta alla luce di questa “nuova” consapevolezza: le sue opere avrebbero quindi un’altra motivazione e un altro significato. Per esempio, l’autore scrive – dandolo per certo, non formulando un’ipotesi! – che l’intero ciclo di Aspasia non sarebbe in realtà dedicato a Fanny Targioni-Tozzetti, ma ad Antonio Ranieri! Quindi Fanny sarebbe solo una donna-schermo (e così tutte le altre presenze femminili leopardiane). Ipotesi intrigante, se non fosse che noi abbiamo prove abbastanza importanti della relazione tra Leopardi e Fanny: siamo insomma certi che si siano frequentati e che lui si sia umiliato e sia stato umiliato, e che si sia poi allontanato, indignato, da questa donna. Sarebbe quindi stata tutta una recita?

E poi la cronologia non torna: le poesie del ciclo di Aspasia – che testimoniano una cocente delusione d’amore e un’intensa sofferenza – sono state scritte proprio nel periodo in cui è avvenuto il distacco da Fanny. Distacco che invece non è avvenuto nei confronti di Ranieri, con cui Leopardi ha continuato a vivere fino alla morte! Che senso avrebbe avuto scrivere poesie così strazianti per una persona con cui si continua ad avere una relazione?

È evidente che una rilettura di questo tipo è faziosa e forzata. Qui non ci si sta limitando a commentare alcuni fatti biografici, ma si vuole trasformare l’opera di Leopardi, dandole un altro significato! E questo viene fatto proprio a quel poeta che per tutta la vita si è battuto per far capire al pubblico che la sua filosofia e la sua poetica non derivavano dalla sua esperienza personale, ma da qualcosa di molto più grande.

Non possiamo leggere le opere di Leopardi come fossero il diario segreto di un tredicenne. E non possiamo attribuire la sua sensibilità e la sua grandezza a una sua presunta condizione di omosessuale! L’enormità titanica di Leopardi è data proprio dall’universalità della sua opera, che prescinde completamente dalla singola esperienza umana.

Se vogliamo mantenere una mente più aperta alla possibilità che non fosse eterosessuale (ma senza affermare come certe quelle che sono solo ipotesi), va benissimo; ma se vogliamo sostenere che Leopardi è Leopardi perché era gay, allora non ci siamo. Stiamo travisando completamente la sua opera e insultando il suo genio.

1 commento su “Giacomo Leopardi era gay?”

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