Perché La Coscienza di Zeno è un libro divertente

Italo Svevo: un grande nemico degli studenti!

Chi di voi non è stato obbligato a leggere La Coscienza di Zeno, senza capirci nulla e annoiandosi a morte?

Cerchiamo di guardare questo fondamentale romanzo sotto una luce diversa: è vero che è un romanzo difficile, ma non possiamo neanche aspettarci che le cose belle siano sempre semplici!

La Coscienza di Zeno è un romanzo che può cambiarti la vita: per me è stato così. Svevo è un autore che può rivoluzionare l’approccio che noi abbiamo nei confronti di noi stessi e dei ruoli sociali che dobbiamo ricoprire; è l’autore che meglio di ogni altro mette in evidenza il senso di inadeguatezza che a partire dal Novecento si insinua nell’uomo.

Oltre a questo, Svevo è anche un autore divertente! La Coscienza di Zeno, se letto con attenzione e consapevolezza, è un libro molto piacevole.

L’ironia deriva soprattutto dalla geniale tecnica narrativa che Svevo usa in questo suo terzo romanzo: il narratore è Zeno stesso, il protagonista, quindi noi siamo influenzati dal suo modo di vedere le cose. Ma Zeno è un narratore inattendibile, perché racconta gli eventi in modo falsato, contraddicendosi di continuo, facendo affermazioni assurde per giustificarsi.

Da queste contraddizioni e assurdità nasce l’ironia della Coscienza. Certo è un’ironia più sottile di quella a cui oggi siamo abituati… ma è bene allenare anche questa facoltà del nostro cervello!

Uno dei primi esempi di questo tipo di ironia si trova proprio all’inizio del romanzo, nel capitolo sul fumo (quello che tutti avete iniziato a leggere e poi avete abbandonato, in cerca di un ricostituente). Qui Zeno racconta di avere iniziato a fumare quando era ancora piccolo, e nomina un bambino di nome Giuseppe che regalava a lui e al fratello le sigarette. Questo racconto serve a Zeno per giustificarsi dell’avere iniziato a rubare le sigarette del padre (gesto che gli aveva procurato il disprezzo del padre):

«Pare che Giuseppe ricevesse molto denaro dal padre suo e ci regalasse di quelle sigarette. Ma sono certo che ne offriva di più a mio fratello che a me. Donde la necessità in cui mi trovai di procurarmene da me delle altre. Così avvenne che rubai.»

Cioè, lui che ci poteva fare se Giuseppe gli regalava poche sigarette? Per forza si è ritrovato a rubarle! Ma il bello viene dopo:

«Ecco che ho registrata l’origine della sozza abitudine e (chissà?) forse ne sono già guarito. Perciò, per provare, accendo un’ultima sigaretta e forse la getterò via subito, disgustato».

Questo è un classico autoinganno di Zeno: si convince di essere migliorato, di essere guarito, e nel cercare di dimostrarlo conferma che non è vero! Chi non penserebbe di accendersi una sigaretta per dimostrare a se stesso di avere smesso?

Tutti noi possiamo riconoscerci in questo prenderci in giro: Svevo è un grande conoscitore della mente umana.

Un altro esempio di ironia riguarda il matrimonio di Zeno. La sua decisione di sposarsi non deriva da un innamoramento, ma semplicemente dalla necessità di sentirsi un bravo borghese, realizzato, con una famiglia sua. Per realizzare questo obiettivo, la scelta migliore è sposare una delle figlie di Malfenti (che rappresenta appunto il perfetto uomo borghese): non importa quale. Quando entra nella loro casa, nota per prima la più bella, Ada, e descrive così le sue sensazioni:

«Quella prima volta io guardai Ada con un solo desiderio: quello di innamorarmene perché bisognava passare per di là per sposarla. Mi vi accinsi con quell’energia ch’io sempre dedico alle mie pratiche igieniche».

Cioè: paragona l’innamorarsi al lavarsi tutte le mattine, perché bisogna farlo!

Questa mancanza di spontaneità si trova in tutti i rapporti sociali e in particolare con Guido, che diventerà suo cognato perché sarà lui a sposare Ada (mentre Zeno finirà con Augusta, la sorella brutta con l’occhio storto). Guido è l’antitesi di Zeno: attraente, sicuro di sé, simpatico, stimato e rispettato da tutti. È chiaro quindi che Zeno lo odia! Però finge di volergli bene e cerca di convincersi di questo, generando appunto per il lettore l’ironia, perché le sue affermazioni di affetto contrastano evidentemente con i suoi veri sentimenti.

Tanto che, proprio dopo il suo fidanzamento con Augusta, Zeno medita addirittura di uccidere Guido! I due si trovano a passeggiare insieme, e Guido si siede sulla sommità di un muro; mentre lo sente parlare, Zeno, molto serenamente, pensa di ucciderlo:

«Debbo confessare ch’io in quel momento m’accinsi veramente ad uccidere Guido!».

Poi però si ferma, non perché uccidere sia sbagliato o perché lui voglia bene a Guido:

«Avevo accettato di fidanzarmi ad Augusta per essere sicuro di dormir bene quella notte. Come avrei potuto dormire se avessi ammazzato Guido? Quest’idea salvò me e lui.»

Non lo uccide perché avrebbe rischiato di essere turbato e non dormire bene quella sera!

Tutto questo culmina nella scena memorabile del funerale di Guido, in cui Zeno compie quello che nella terminologia freudiana si chiama un atto mancato, cioè un atto compiuto apparentemente per errore, ma che in realtà rivela i veri sentimenti di chi lo compie.

Quando Guido muore, Zeno deve recarsi al suo funerale. Fa di tutto per rimandare il momento di andarci, fingendo di dedicarsi a importanti questioni economiche e burocratiche in nome di Guido stesso e per il bene di sua moglie; alla fine, già molto in ritardo, si decide ad andare, accompagnato da un altro amico.

Ma sbaglia corteo funebre: va al funerale di un altro! Il suo amico si accorge che il corteo sta entrando in una chiesta ortodossa e non in una cattolica, e quindi chiede perplesso se Guido per caso fosse greco; e Zeno, che sa benissimo che Guido era cattolico, finge di non esserne sicuro e ipotizza che fosse protestante. È una palese bugia per non andare al corteo vero; salvo poi lamentarsi con l’amico di essersi perso il funerale di Guido!

Questa bellissima e plateale falsità di Zeno è il grande segno della genialità di Svevo, e ricopre di una sottile ironia moltissime pagine della Coscienza: se imparerete a coglierla vedrete questo grande romanzo in un’ottica completamente nuova.