Il Cantico di Frate Sole

Chi non si emoziona quando, dopo giorni di pioggia incessante, finalmente spunta il sole?

Il Cantico di Frate Sole, o Cantico delle Creature, è ancora oggi – dopo 800 anni! – uno dei testi più belli di celebrazione del sole e delle meraviglie della natura.

In questa poesia, San Francesco d’Assisi loda il sole, la luna, il vento, l’acqua e tutti gli elementi naturali, ringraziando Dio per averli creati. Attraverso la lode della natura si loda indirettamente anche Dio: il sole, infatti, e tutto il creato, sono significatione di Dio, cioè sono il simbolo della sua presenza attorno a noi.

Questo testo così gioioso si contrappone ad altre laudi (cioè poesie religiose) di epoca medievale, in cui prevale un’atmosfera molto più cupa: sono le poesie in cui si esprime il contemptus mundi, il disprezzo del mondo terreno. Questa mentalità era molto diffusa nel Medioevo: si pensava che il mondo fosse un luogo di tentazione e di peccato, e che la carne stessa, il nostro corpo, andasse mortificata, punita, per i desideri e i bisogni che porta con sé. Il maggiore rappresentante di questo tipo di poesia è Iacopone da Todi.

San Francesco invece abbraccia una visione positiva del mondo: è un luogo che ci è stato donato da Dio, e quindi non può essere intrinsecamente negativo. Attraverso il mondo noi vediamo Dio, lo sentiamo direttamente sulla nostra pelle.

Ma non solo chi è cristiano può apprezzare questo tipo di connessione spirituale con la natura! Anche un ateo infatti può emozionarsi davanti alla vista di un tramonto, o sentendo il rumore del vento. In qualche modo la natura è la manifestazione del divino, cioè di qualcosa di più grande di noi, che non riusciamo a comprendere, che sia una divinità o che siano le leggi fisiche che regolano l’universo.

Per questo la parte più bella è il finale del Cantico di Frate Sole: San Francesco ringrazia e loda Dio non solo per tutte le bellezze del creato, ma anche per sora nostra morte corporale. La morte, nostra sorella, è affiancata al nostro fratello sole e alla sorella luna.

Ma perché uno dovrebbe ringraziare per la morte?

Nell’ottica di San Francesco, il motivo è che la morte è il momento in cui ci rincongiungeremo a Dio (se non andremo incontro alla seconda morte, cioè alla dannazione eterna). La morte è la fine del viaggio che è la vita umana, e questo viaggio ha come unico scopo la visione di Dio.

Nell’ottica di una spiritualità più laica, la morte non conduce in paradiso, forse non conduce da nessuna parte; ma anche in questo caso fa parte di un percorso, è inserita in un circolo che senza di essa non avrebbe senso. La vita non avrebbe valore se non sapessimo che è destinata a finire.

Ecco quindi che una poesia cristiana del XIII secolo può ancora oggi unire credenti e atei nel celebrare la bellezza della natura e nell’accettare con serenità un evento altrettanto naturale come la morte.

Questa è la magia della poesia!