Cancel culture significa “cultura della cancellazione”: è quella mentalità, oggi abbastanza diffusa, soprattutto negli USA, secondo la quale si cancella tutto ciò che è considerato negativo e offensivo.
Si va dal licenziamento di una persona sulla base di accuse, alla rimozione di tutti i prodotti legati a quella persona (per esempio film in cui ha recitato o libri che ha scritto).
Insomma, è la versione americana della damnatio memoriae dei Romani. Quando qualcuno si comporta in modo immorale o in ogni modo inaccettabile, viene rimosso dalla memoria popolare. Non esiste più, il suo nome viene cancellato e così tutto ciò che potrebbe indicare che quella persona sia mai esistita.
Dal punto di vista etico e della giustizia, questa mentalità che oggi sembra normale è in realtà molto discutibile; soprattutto perché non si aspetta nemmeno una condanna in tribunale per ostracizzare l’accusato, ma sono sufficienti le accuse (che potrebbero tranquillamente essere false).
Ma dal punto di vista dei prodotti culturali?
Ha senso censurare o rimuovere un’opera d’arte perché il suo autore ha avuto comportamenti immorali o ha commesso reati?
È un tema di cui abbiamo già parlato nell’articolo sul politicamente corretto. L’opera d’arte e il suo autore dovrebbero essere valutati separatamente. L’importanza dell’opera d’arte non dipende dal buon cuore e dalla moralità dell’autore.
Altrimenti, dovremmo abbattere la piramide di Cheope perché è stata costruita con il sangue di migliaia di schiavi. Se scoprissimo che Michelangelo era uno stupratore, faremmo imbiancare la Cappella Sistina? Se scoprissimo che Dante era un assassino, daremmo alle fiamme tutte le copie della Divina Commedia?
No, giusto?
Eppure, c’è chi la pensa così. Anzi: c’è chi decide di eliminare certe opere non perché l’autore era un assassino o un violentatore, ma perché in quelle opere viene descritta o promossa una mentalità che oggi è considerata inaccettabile.
Qualsiasi persona dotata di cervello risponderebbe che è normale che un’opera del passato mostri una mentalità diversa dalla nostra, giusto? In teoria, studiare l’arte e la letteratura serve proprio a capire questo.
E invece no!
Non solo negli USA, ma anche in alcune scuole nel Regno Unito sono stati rimossi o “ridimensionati” autori fondamentali come Omero, Chaucer, Shakespeare, Mark Twain, John Steinbeck.
Il motivo sarebbe che le opere di questi autori non sono “inclusive”: mostrano dei microcosmi in cui ci sono solo bianchi, per lo più maschi; le donne hanno un ruolo rubalterno (molto opinabile… in Shakespeare troviamo dei personaggi femminili indimenticabili, di una potenza straordinaria; nell’Odissea Ulisse è più spesso vittima delle donne che altro) o comunque l’organizzazione sociale è “patriarcale”; insomma diffondono una visione del mondo tipicamente occidentale da cui molti studenti potrebbero sentirsi esclusi oppure offesi.
Il problema è che se uno studente di colore si offende perché trova la parola “negro” in un libro di Twain, è perché l’insegnante non gli ha spiegato nulla di come si legge un testo letterario.
Leggere un testo letterario non significa prenderlo come modello etico e comportamentale; non significa applicare quella visione del mondo prendendola come universale. Significa contestualizzarlo, imparando che con i tempi cambiano la mentalità e le parole.
E significa imparare il rapporto con l’altro: confrontarsi con qualcosa di diverso da noi, lontano nel tempo e nello spazio, e imparare che possiamo sempre trarne qualcosa.
O forse quando leggiamo la Medea di Euripide stiamo insegnando agli studenti che un modo giusto di vendicarsi di un tradimento è ammazzare i propri figli? Certamente no.
Studiare letteratura serve infatti anche ad astrarre, a imparare il linguaggio metaforico, a fare collegamenti e riflessioni.
Persino in Italia è stato proposto di censurare la Divina Commedia, perché si parla in modo offensivo di Maometto e degli ebrei. Ma quella era la mentalità di un cristiano del 1200, e qualsiasi professore che sappia fare il suo lavoro è in grado di spiegarlo agli studenti. Non solo: gli studenti in realtà lo capiscono benissimo da soli.
Comunque per fortuna siamo così tradizionalisti che è praticamente impossibile che accada una cosa del genere in Italia.
Questo non vuol dire che non sia giusto ampliare i programmi scolastici includendo nuove opere letterarie, che descrivano realtà più moderne; ma il criterio deve essere sempre quello della qualità letteraria. Non è che inserisco un’opera di quart’ordine solo perché scritta da un transessuale.
Inoltre, questa mentalità, che in teoria nasce per combattere l’intolleranza e la discriminazione, finisce per fare l’esatto opposto: insegna agli studenti che tutto ciò che è diverso da noi, tutto ciò che non condividiamo, va eliminato, dimenticato, censurato.
E questa è la vera essenza del fascismo che queste persone affermano di combattere.
Qui potete trovare le notizie sulla rimozione degli autori in USA e nel Regno Unito:
A Massachussets school has banned ‘The Odyssey’
American classics among most ‘challenged’ books of the decade in US
5 books temporarily removed from reading list for Burbank schools
Caucher courses to be replaced by modules on race and sexuality
School drops Winston Churchill and JK Rowling as house names
Dan-el Padilla Peralta wants to save classics from whiteness